BIO
Marco Pace
Marco Pace (Lanciano (CH),1977).
Da piccolo si aggirava curioso tra gli inchiostri e i pennini del padre disegnatore, lo stesso aveva una libreria piena di Urania e di L’Eternauta, questo è l’imprinting immaginifico del pittore…copertine di Karel Thole e fumetti di Breccia e Segrelles. Frequenta l’istituto d’arte G. Palizzi di Lanciano. Nel 2000 Adriana Martino scrive di Marco Pace su Flash Art come un pittore della nuova generazione della corrente Bad Painting, con la stessa curatrice espone diverse volte nel progetto da lei creato New Zone spazio no profit. Dal 1997 Marco Pace si trasferisce a Firenze per frequentare il corso di pittura informale del prof. Gustavo Giulietti. Durante gli anni di accademia lavora a storie a fumetti, scenografie teatrali (teatro studio di Scandicci), mostre collettive e personali. Nel 1999 frequenta per un anno il corso di animazione di Guido de Maria e Ro Marcenaro, dopo questo lavora nello studio di animazione SEMBO per alcuni anni, contemporaneamente anche come pittore di scena per fiction televisive dirette da Salvatore Samperi. Dopo la laurea (2003), conosce e inizia, da subito, a collaborare con Gianni Pettena da allora, ad oggi, supervisiona la realizzazione delle installazioni dell’An-architetto (Manifesta7, biennale di Atene, FIAC, Artissima, PAC, UMOCA Salt Lake City, Pompidou, Crac Occitanie, Frac Orleans, gallerie private etc.). Marco Pace continua la sua carriera artistica soprattutto come pittore, realizzando mostre personali e collettive per i più importanti curatori e gallerie italiane. Dal 2021 disegna per lo scrittore Alessandro Gori (Lo Sgargabonzi) “L’età dei Mortali”, progetto di Graphic Novel ancora in corso.
[…] Il mondo di Marco Pace è un mondo che anch’io attraverso e che annoto con altri strumenti, ma è che lui conserva in sé una maniera così primordiale (e che continuamente si chiede il come e il perché l’essere qui, oggi) e amorosa, che la natura che lui conosce, ricerca e percorre, e che ama, cambia ogni volta, e prevale, è gigantesca, immensa, splendida e inesorabile…L’architettura talvolta si confronta, ne subisce la scala e la vastità, e perde la sfida… […] Gianni Pettena
[…] Gli abitanti delle immagini di Marco Pace sono sempre figure della non-appartenenza, della dislocazione, dell’esclusione. Respinti ai margini dalla società civile e dalle culture si ritrovano ad abitare quello spazio inadeguato e fuori scala che le immagini di Pace mettono in forma come una temporanea nicchia protettiva e, allo stesso tempo, incompatibile, contraddittoria. […] Marco Scotini
[…] Non ho i mezzi per condurre la mia riflessione, attentamente, verso l’opera di Marco Pace. Come, d’altronde, nella sua vita. Di Pace ho intuito qualcosa in un bar ristorante la scorsa estate dove avevamo, io, lui, sua sorella e un’amica di sua sorella, quando, accidentalmente, abbiamo scoperto che sulla parete erano esposti alcuni disegni suoi, giovanili, che raccontavano la storia della pizza. Dinanzi a quei disegni avevo come una Epifania. Ho provato raramente questo sentimento, davanti alla Trasfigurazione di Raffaello nei Musei Vaticani, davanti all’Assunta di Tiziano ai Frari, o davanti, ancora, a quegli artisti, rari per me, dove riconosco un talento smisurato, una vocazione irragionevole. Le sue pizze disegnate e colorate, riempivano una grande parete, tutte incorniciate, probabilmente erano stampe, a suo dire, di un’antica commissione giovanile, suonavano come le prime note, pulite, semplici e trasparenti del bambino Mozart. Quel giorno mi allungò la mano per aiutarmi a salire sullo scoglio mentre uscivo con fatica anziana dal mare dove m’ero inzuppato per il primo secondo bagno della stagione. Lui dà una mano sempre, a chiunque, sia se qualcuno si trovi in difficoltà sia il contrario. Quel gesto e quella mano generosa per me era la conferma che la mano, da Haidegger, alle mani tremule di Salvo Monica, nelle mani, così condotte alla mente, siano forma di grazia o disgrazia, sono zampe che sanno scavare, formare tane-trappole, o formare pizze che, come la Marilyn di Wharol, sanno raggiungere e congiungere ogni cosa. Di Pace allora ho, o posso avere solo, una allucinazione.[…] Francesco Lauretta